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Immagine del redattoreclaudia colombo

Sulla solitudine



strada di una città in bianco e nero e in primo piano un ombrello rosso per terra

Cercando sul vocabolario la parola solitudine, trovo al primo significato "stato di chi è, chi vive, solo". Cerco quindi il significato di solo e trovo, al primo punto, "che è senza compagnia, che non ha nessuno accanto, vicino o insieme". Resto un po' perplessa, perché credo manchi una precisazione fondamentale, non linguistica bensì psicologica, che è poi ciò che fa della solitudine, di per sè neutra, un'esperienza positiva o negativa, cercata o indesiderata.

Esiste una solitudine fisica e ne esiste una psichica, interiore. Si può essere in mezzo a una folla e sentirsi soli, o al contrario esercitare la propria creativa capacità di "stare soli in presenza dell'altro" (Winnicott magistrale a riguardo).

Così, la solitudine può essere utile a concentrare attenzione ed energie, amplificandole. Può permetterci di ritrovarci, mettendoci in contatto fecondo con aspetti di noi, scoprire cosa desideriamo, pensiamo e sentiamo. Sarebbe perciò bene ritagliare degli spazi per noi stessi quotidianamente, o perlomeno 3/4 volte alla settimana, un po' di quel sano egoismo non necessariamente viziato dai sensi di colpa che finisce per migliorare le nostre relazioni ed attività.

Possono invece necessitare di attenzione clinica, agli estremi opposti: la paura della solitudine, spesso camuffata con un ossessivo riempirsi di impegni e persone, e la solitudine vissuta come senso di abbandono profondo, vuoto e baratro che si spalanca sul vissuto foriero di estremo disagio di non avere alcuno di cui fidarsi.


    

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