Mi ha sempre colpito come una stonatura quel gesto basilare per avere e mantenere un profilo social, ossia "chiedi l'amicizia" rivolto per la maggior parte a dei perfetti sconosciuti che un algoritmo suggerisce. Così come la conta degli "amici" posseduti, un'abitudine diffusa non solo tra i giovani ma anche tra gli adulti. Se le parole definiscono la realtà, quanto questo abuso di un termine un tempo carico di significati come presenza, sincerità, accettazione, accoglienza, lo ha snaturato? In una società consumistica e alla rincorsa come la nostra, in cui non abbiamo più il tempo e la pazienza di coltivare alcunchè, nè la terra nè le relazioni, e vogliamo trovare tutto pronto mentre ci dedichiamo a ciò che realmente conta (?), com'è cambiato il concetto di amicizia?
A meno di non intendere con questa parola amori che non si ha il coraggio di intraprendere, rapporti di coppia resi esangui dall’abitudine, conoscenze utili a scambi di favore, relazioni un po’ ipocrite e un po’ convenzionali nella speranza che un giorno possano tornare vantaggiose.
Come l'individuo gestisce questo nuovo mondo di relazioni? Cosa succede interiormente? Quello che osservo è che finiscono con il contrapporsi da un lato desideri, dolori, mondi e ideazioni private, non confessate a nessuno (tant'è il proliferare di chat e siti del dark web). Dall'altro fatti, emozioni, risultati esibiti come trofei, più per gli altri che per se stessi, per essere accettati, giudicati positivamente, applauditi, ma soprattutto visti e riconosciuti. Nel massimo dell'esibizione si incontra il massimo della vergogna, in una manifestazione / espressione uguale e contraria. Il desiderio di essere finalmente riconosciuti porta a mostrare intensamente e testardemente un falso sè, che però, quant'anche visto, non sarà mai foriero di quella accettazione profonda che solo il rispecchiamento di chi siamo veramente, nel profondo, può portare.
Ed ecco allora il valore dell'amicizia, perchè nell’ascolto accogliente dell’amicizia possono dirsi e svelare le nostre intime verità, anzichè restare celate, soffocate e inespresse. Per questo, si possono avere molti conoscenti, ma pochissimi amici, soltanto quelli che corrispondono alle sfaccettature della nostra anima, a cui svelare il nostro segreto che l’altro custodisce con cura. Silenziosamente, a poco a poco, incontro dopo incontro. Perché così chiede il ritmo dell’anima, che vuole mostrarsi e insieme custodirsi, per non spegnere le sue creazioni e nello stesso tempo non disperderle nel rumore del mondo. Perché in fondo è proprio la scoperta di noi stessi che l’amicizia favorisce, propizia, accoglie.
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