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Immagine del redattoreclaudia colombo

I disturbi dell'alimentazione: quando mangiare è un sintomo



i bracci di una bilancia regolabile

I disturbi dell'alimentazione e della nutrizione sono in aumento in tutta Italia ma, secondo i recenti dati epidemiologici (l'ultima indagine è del 2021), le cure non sono facilmente accessibili in tutte le regioni, con gravi conseguenze sulla prognosi. Un ulteriore dato allarmante riguarda l'abbassamento dell'età di esordio (il 30% dei pazienti è sotto i 14 anni), unitamente all'allargamento del disturbo alla popolazione maschile. Si è abbassata l'incidenza dell'esito mortale, che tuttavia persiste.

Secondo il DSM-V, essi sono definiti come "un persistente disturbo dell'alimentazione (o comportamenti inerenti l'alimentazione) che hanno come risultato un alterato consumo o un alterato assorbimento di cibo e che compromettono in modo significativo la salute o il funzionamento psicosociale dell'individuo".

I disturbi dell'alimentazione si possono presentare in manifestazioni comportamentali molto diverse: anoressia nervosa (rifiuto o estrema riduzione del cibo con intensa paura di aumentare di peso e iperattività), bulimia nervosa (abbuffate e conseguenti espulsioni di cibo tramite vomito autoindotto o lassativi), binge eating (alimentazione incontrollata), disturbi evitanti-restrittivi (fobia per alcuni alimenti o categorie di alimenti), pica (ingestione di sostanze senza contenuto alimentare, con esordio in età evolutiva), ortoressia (preoccupazione patologica per cibo puro e sano). Molto comuni in realtà sono le forme atipiche, ad esempio un quadro anoressico ma persona normopeso o addirittura sovrappeso.

Il sintomo alimentare in realtà è la punta dell'iceberg di problematiche psicologiche molto più profonde e strutturate, persistenti, che determinano condotte compensatorie rispetto a insicurezze ed emozioni travolgenti. Il sintomo diviene l'unico modo di smettere di pensare o sentire emozioni vissute come dolorose e intollerabili. Parimenti, l'autostima risulta legata esclusivamente all'immagine corporea, fissando il valore personale ad un ideale dolorosamente irraggiungibile, che maschera una più profonda assenza di significato personale ("non sono nulla", "sono insignificante"). Il dolore intollerabile viene quindi agito sul corpo o cumunicato attraverso di esso.

L'esordio di un disturbo alimentare è graduale, insidioso e nella maggior parte dei casi viene occultato anche alle persone più vicine. Prima che compaiano i sintomi fisici o medici della patologia, sono già presenti quelli di natura psicologica.

Quali sono i campanelli di allarme cui prestare attenzione?

  • pensiero sul cibo persistente, pervasivo e ossessivo

  • percezione distorta della propria immagine corporea rigida e inflessibile

  • estrema e persistente selettività rispetto al cibo

  • alimentazione irregolare con alternanza violenta tra restrizioni e rotture incontrollate di tali regole

  • rabbia e disperazione riversate sul corpo attraverso il cibo o le condotte alimentari

  • progressivo isolamento sociale conseguente alle condotte alimentari

  • vergogna e imbarazzo nei momenti dei pasti condivisi

Tutto ciò diviene il baricentro su cui si struttura l'esistenza della persona.

Il fai da te non funziona assolutamente, è necessario ricorrere ad un professionista; ovviamente, la diagnosi precoce (MMG e PLS diventano figure centrali) più facilmente porta ad una guarigione duratura. I disturbi alimentari necessitano di un trattamento multispecialistico, presentando anche urgenze mediche e/o psichiatriche ed una presa in carico dei genitori affinchè essi possano capire la profonda, indicibile sofferenza di un disturbo alimentare e supportare i figli. Può ritenersi necessario, nei casi più gravi, anche un ricovero nel setting ospedaliero. Ogni trattamento è personalizzato.


BIBLIOGRAFIA

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