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Immagine del redattoreclaudia colombo

"Mi sembrava di morire"



un ombra su sfondo bianco, appaiono le mani e tratti del volto

Il disturbo d'ansia è tra le patologie più diffuse al mondo, tanto da essere ormai entrata nelle vite di tutti. Iniziamo intanto a distinguere il significato dei vari termini. Con ansia si intende agitazione, forte apprensione dovuta ad attesa. Angoscia, dal latino stringere, è più usato in psicoanalisi laddove la psichiatria preferisce appunto ansia. Paura deriva da pavere ed è il pericolo di qualcosa reale. Il panico (da Pan, dio delle selve con aspetto di caprone e tendenza alla collera) indica forte ansia e paura con disorganizzazione motoria e psicologica. Da un punto di vista fisiologico sono tutte varianti di un unico sistema emozionale con attivazione del sistema limbico e di quello nervoso autonomo o vegetativo (ortosimpatico con incremento di cortisolo e catecolamine).

Abbiamo quindi l'ansia come esperienza emotiva (comune), l'ansia come sintomo trasversale ad altri disturbi clinici e l'ansia come disturbo specifico. A tal proposito possiamo distinguere, come da manuali diagnostici (DSM-V e ICD-10) ma senza entrare troppo nel dettaglio:

Fobia: da Phobos, paura, fratello di Spavento, entrambi nati da Afrodite e Ares; egli accompagnava il padre in battaglia. Le fobie clinicamente si distinguono tra specifica, ossia vissuti di grande paura verso oggetti con caratteristiche non pericolose, e sociale, derivante dal timore di essere esposti allo sguardo dell'altro, al suo giudizio con conseguente marcata vulnerabilità. Entrambe determinano condotte di evitamento. L'ansia generalizzata è un costante stato di allarme ed ipervigilanza senza manifestazioni eclatanti. L'attacco di panico, infine, crea forti limitazioni nella vita quotidiana.

A livello emotivo, nell'ansia passato, presente e futuro si modificano: nel presente vi è un'accelerazione del futuro in base a esperienze passate. Nella psicopatologia, qualora l'ansia raggiunga livelli di intensità e modi di espressione di rilevanza clinica, può deviare dall'origine ed organizzare la personalità intorno ad essa.

Gli stati affettivi vanno da rabbia, depressione, colpa, vergogna, inadeguatezza, non amabilità, a - ad un livello più profondo - annichilimento, perdita dell'oggetto, perdita dell'amore, angoscia superegoica e di castrazione. Dobbiamo inoltre considerare gli stati somatici con cui si manifesta l'ansia (sudorazione, tachicardia, midriasi, svenimento, ...) ed i pattern cognitivi soggettivi specifici, oltre a quelli relazionali (principalmente dipendenza/controdipendenza, colpa/evitamento, fiducia/sfiducia,...).

Sicuramente percepita come fastidiosa, viene presentata come qualcosa da sconfiggere, curare ed eliminare. Eppure andrebbe ascoltata, in quanto meccanismo sofisticato e fondamentale che agisce come un campanello d'allarme. Il sintomo, infatti, deve essere sempre inteso come una "scelta personale" dell'inconscio individuale, il segnale che la persona sta da troppo tempo oltrepassando dei limiti e non tiene più la coerenza, estremo tentativo di tenere l'unità. Cruciale risulta allora comprendere il senso dell'esperienza soggettiva, al di là di schemi e standard.

In realtà, lo stesso terapeuta è vettore di angoscia in quanto altro, connotato per di più con tratti magici/idealizzati: "chi è questo altro che si occupa di me?" "come pensa di agire nei miei confronti?" sono domande che più o meno esplicitamente si affacciano nella mente di chiunque inizi un percorso psicoterapeutico e che possono fornire importanti spunti di rilfessione e rielaborazione oltre che di normalizzazione dell'intero spettro emotivo.

In psicoanalisi, nella cura dell'ansia è centrale la trattazione dell'angoscia, il che richiama necessariamente l'elaborazione dell'istinto di morte (v. Thanatos/Freud, Klein, Sullivan): la relazione oggettuale è attraversata da fantasie persecutorie e l'esistenza è frutto di un conflitto drammatico tra pulsione di vita e di morte, al centro del quale il sè tenta di salvaguardare i bisogni primari con difese che tentano di dare senso al mondo e a noi stessi di fronte alla potenza disgregante dell'angoscia. Il soggetto è sempre relazionale e le configurazioni psichiche si formano in esperienze di relazione: in che modo hanno gli inevitabili squilibri e scarti di comprensione/comunicazione/soddisfacimento trovato elaborazione? Quale significato il soggetto dà e ha dato agli eventi? In che modo il soggetto si è costruito a partire dalle sue esperienze intrepersonali?

Esplorare questi elementi e affronatre queste domande permette di affrontare la sofferenza di cui il sintomo si fa portatore, dandole voce e liberando l'individuo.


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